Il costo dell’energia in Italia è più alto della media UE perché il nostro mix energetico è ancora troppo sbilanciato sul gas, anche se l’efficienza delle reti italiane ci consente di ridurre il gap in bolletta con i principali paesi europei. È dunque necessario aumentare la percentuale di rinnovabili e contrattualizzarle a lungo termine per goderne dei vantaggi.
Gianni Vittorio Armani, Presidente di Elettricità Futura, è stato intervistato sul Sole 24 Ore per fare chiarezza sulle cifre relative a produzione e distribuzione di cui si legge in questi giorni ed elencare le proposte concrete dell’associazione per combattere il caro energia e garantire sicurezza energetica.
Di seguito un estratto dell’intervista di Laura Serafini:
Le aziende elettriche sono oggetto di attacchi politici perché avrebbero guadagni molto elevati a scapito dei consumatori. È d’accordo?
“L’associazione tra bolletta costosa e aziende delle reti elettriche che godono di rendite è falsa, i numeri dicono il contrario. Basta guardare i dati Eurostat del 2024. In Italia il consumatore retail medio spende 60 euro al mese, contro una media europea di 57 euro. La differenza è minima e in Germania il dato è 74 euro. Rispetto al resto d’Europa, in Italia abbiamo costi più alti nella generazione, perché la produzione è sbilanciata sul gas, ma riduciamo il gap grazie al minor costo delle reti, che incidono solo per il 18% sulla bolletta rispetto al 31% della media UE. Diverso il caso delle imprese energivore: per loro l’energia è il costo prevalente e hanno un rischio delocalizzazione che deve essere evitato. Per questo abbiamo lavorato all’interno di Confindustria per arrivare a una proposta congiunta”.
Hanno anche accostato le aziende elettriche a quelle del lusso.
“Un confronto senza senso. Sono settori molto diversi: quello elettrico richiede grandi investimenti con ritorni a lungo termine, mentre è il contrario per il lusso, dove i grandi marchi investono in modo marginale e basano il loro valore anche su asset intangibili. Qui l’aspetto fondamentale è il prodotto, mentre per le aziende elettriche è il capitale e quindi è necessario garantire a esso un ritorno. Quello elettrico è il settore industriale che investe di più in Italia: 100 miliardi dal 2023 al 2027 e attiva quasi 700 mila posti di lavoro. Quando si guarda ai risultati delle utility il riferimento non è il margine operativo, ma il ritorno sul capitale investito, che per quelle italiane è più basso della media europea. E quello del lusso è 7 volte superiore a quello delle utility”.
Cosa si può fare quindi per ridurre il costo dell’energia?
“La massiccia partecipazione alle aste del GSE sugli impianti rinnovabili ha dato un segnale: Energy release, FerX, Macse, mostrano come con la negoziazione a lungo a termine si possano avere prezzi molto competitivi. Gli impianti arrivati alla fine dell’incentivazione – meccanismo che ha sostenuto investimenti non ripagabili a mercato - possono essere oggetto di repowering e offrire prezzi più bassi. Ci sono poi 150 gigawatt di progetti rinnovabili per i quali bisogna sbloccare le autorizzazioni. Questo darebbe un vero contributo al paese in termini di riduzione dei costi. Non vuol dire andare verso un futuro di sole rinnovabili, ma è necessario aumentarne il peso nel mix di generazione per disaccoppiare il prezzo da quello del gas attraverso contratti a lungo termine”.
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