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News / News / 08-10-2023

Transizione energetica: occorre davvero mettere un po' di ordine

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Le aste sono un meccanismo nato per favorire lo sviluppo di nuovi impianti rinnovabili e attrarre investimenti, garantendo programmazione e competitività.
E’ necessario che il funzionamento di tale meccanismo si adegui ai cambiamenti che avvengono nel contesto energetico. Le spese per la logistica, il costo delle materie prime, i tassi di interesse hanno tutti registrato un forte aumento, e a incrementare i costi per le imprese del settore delle rinnovabili concorrono anche le lungaggini autorizzative.

Il meccanismo delle aste competitive per le rinnovabili in Italia non si è evoluto in coerenza con questi fattori, come più volte denunciato da Elettricità Futura.
E’ un bene che nei prossimi bandi sarà implementata la proposta di Elettricità Futura di adeguare le tariffe all’inflazione, come hanno già fatto altri Paesi europei.

Ad esempio, la Germania ha aumentato del 25% la tariffa di riferimento nel 2023 per l’eolico onshore e il fotovoltaico a terra. La Francia ha implementato un sistema di adeguamento annuale delle tariffe per tenere conto dell’aumento dei prezzi delle materie prime e del costo del lavoro. Positivo quindi che anche in Italia verranno adeguate le tariffe all’inflazione, ma restano altri problemi nelle aste da risolvere. Per esempio: attualmente vengono esclusi dalle aste gli impianti fotovoltaici nelle aree agricole non utilizzate, una limitazione che frena gli operatori a partecipare alle aste.

E’ importante ricordare che anche risolvendo questi problemi, le aste per le rinnovabili non funzioneranno mai in Italia se non si risolvono tutta una serie di altri problemi che Elettricità Futura da tempo denuncia, proponendo anche le soluzioni per risolvere.

Come possono funzionare le aste se gli operatori non potranno realizzare gli impianti nella maggior parte delle aree del Paese?

Perché è questo che accadrà se non si risolveranno le gravi criticità della bozza di Decreto aree idonee, che peraltro attendiamo da oltre 1 anno dalla scadenza ultima per la sua pubblicazione! È bene ricordare che l’identificazione delle aree idonee deve (o dovrebbe) rispondere alla necessità di velocizzare la realizzazione dei nuovi impianti, cioè questo Decreto dovrebbe accelerare la diffusione delle rinnovabili.
Ovvero, in un’area idonea si dovrebbe poter realizzare un impianto con tempistiche ridotte di un terzo. Il che non significa affatto, ed è bene ribadirlo, che nelle aree che non rientrano in questa definizione debba essere reso impossibile fare impianti.

Ma qui abbiamo un problema grosso perfino nelle aree idonee: perché la bozza del Decreto, anche nella nuova versione inviata dal Governo alla Conferenza Stato - Regioni, invece di ridurre i tempi rende impossibile fare impianti nella maggior parte delle aree.
Elettricità Futura lo scorso luglio ha mandato una lettera ai tre Ministri competenti, condividendo con il Governo proposte concrete per correggere la bozza di Decreto.

Da poco abbiamo anche rivolto un Appello a tutte le forze politiche affinché intervengano e lavorino con il Governo per risolvere le gravi criticità contenute nella bozza di Decreto Ministeriale Aree Idonee. In assenza di correttivi, questo Decreto fermerà lo sviluppo delle rinnovabili e della filiera industriale in Italia e bloccherà investimenti per 320 miliardi di euro, rendendo impossibile raggiungere il target nazionale di decarbonizzazione.

Per l’eolico, abbiamo fatto notare che è un errore definire idonea un’area con una ventosità tale da garantire 2.250 ore annue di producibilità perché è un valore troppo elevato. Bene che sia stato deciso di ridurre. Ma un abbassamento a 2.150 non è un correttivo che risolve.
È un errore considerare la producibilità come un criterio per definire le aree idonee, e comunque stupisce davvero un abbassamento di 100 ore, talmente irrisorio da risultare irrilevante.

Per il fotovoltaico la nuova bozza prevede alcune novità che NON risolvono però il problema di fondo già evidenziato da Elettricità Futura rispetto alla precedente versione.
Continua infatti a permanere il vincolo di una percentuale massima di occupazione di un terreno agricolo nella disponibilità di un operatore per la realizzazione di un impianto fotovoltaico.

In ogni caso, al di là delle modifiche intervenute, resta l’errore di voler limitare entro percentuali prestabilite, dell’area a disposizione di un operatore, cioè lo spazio dove costruire l’impianto fotovoltaico.

Da un lato è positivo che, secondo l’ultima bozza, questo vincolo sia da applicare solo alle aree agricole utilizzate (per le “aree agricole NON utilizzate” sono stati rimossi i limiti di occupazione) e che non valga per terreni agricoli ricompresi in aree già considerate idonee dalle norme previgenti.

Dall’altro è sicuramente negativo (e inspiegabile) che per gli impianti agrivoltaici (tranne per quelli innovativi) il limite sia stato addirittura ridotto al 10% dal 20% della precedente bozza.

Il Decreto dovrebbe stabilire come individuare le aree da definirsi idonee ma NON imporre, una volta identificate, in che percentuale un operatore possa utilizzare le aree idonee nella sua disponibilità.

Il problema di fondo della bozza di Decreto aree idonee è che rende impossibile nella pratica raggiungere l’obiettivo 80 GW di rinnovabili al 2030 che il Decreto stesso stabilisce!

Già eravamo in forte ritardo rispetto al target rinnovabili 2030, e questo Decreto, tanto atteso per velocizzare, rischia invece di aggravare ulteriormente il ritardo.

L’anno scorso, nel 2022 abbiamo realizzato 3 GW in Italia (di cui due terzi sono piccoli impianti sotto il MW, finanziati prevalentemente dal Superbonus), mentre la Germania ha installato 11 GW, la Spagna 6 GW e la Francia 5 GW. Mancano i grandi impianti, quelli che servono per raggiungere l’obiettivo con economicità.
La Germania, da gennaio ad agosto 2023 ha installato 9 GW di fotovoltaico, ovvero, in 8 mesi ha già raggiunto il suo target annuale. Invece, in Italia nel 2023 stimiamo di fare 6 GW, e già sappiamo che moltissimi saranno ancora piccoli impianti: infatti, il 46% dei nuovi impianti installati nei primi 7 mesi del 2023 è di piccola taglia e ha potenza inferiore a 12 kW (rispetto al 36% dei primi 7 mesi del 2022).

Per installare 12 GW all’anno, e raggiungere l’obiettivo del Decreto aree idonee, portando al 2030 le rinnovabili a oltre l’80% del mix elettrico, non basta la generazione distribuita e i piccoli impianti, servono anche i grandi impianti per minimizzare i costi generali del sistema (cioè, affinché il costo dell’energia possa calare!) e garantire la sicurezza del sistema.

Quindi, NON SOLO dobbiamo raddoppiare il ritmo delle installazioni, ma dobbiamo anche essere in grado di permettere – e accelerare - la diffusione dei grandi impianti.

Oltre alla questione delle aree idonee, c’è anche un altro nodo da risolvere. È necessario razionalizzare le richieste di connessione alla rete di trasmissione definendo soluzioni per eliminare le richieste non realizzabili e criteri maggiormente selettivi per le nuove richieste.

Il punto centrale è: serve una forte volontà politica per risolvere tutte queste criticità, Elettricità Futura ha proposto tutte le soluzioni per risolverle, ma implementarle è una responsabilità che ha il Governo, anche nei confronti delle imprese e dei cittadini che continuano a pagare cara l’energia!

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